Amare le differenze

Speciale catechisti - Agosto 2017

Nei giorni scorsi mi sono trovato a visitare un’esposizione dell’artista Michelangelo Pistoletto all’interno della Chiesa di san Giorgio nell’omonima isola a Venezia.

Pistoletto, artista di fama internazionale, lavora molto con gli specchi e le superfici riflettenti, così sono stato subito colpito dall’installazione posta la centro della navata della chiesa, sotto la maestosa cupola palladiana, dal titolo: Perimetro sospeso – Amare le differenze. L’installazione è costruita da una serie di specchi “sospesi” che formano uno spazio circolare. Sul lato esterno di ogni specchio c’è la scritta, in più lingue: Amare le differenze.

Ogni scritta ha un colore diverso quasi a voler marcare di più la diversità che esiste tra le culture. Gli specchi guardati da fuori sembrano quasi una barriera che impedisce di entrare. Tuttavia tra l’uno e l’altro c’è uno spazio, un varco a cui accedere all’interno del cerchio.

Una volta dentro, le scritte spariscono e rimane solo la persona, le persone, che si riflettono sugli specchi. Ci si scopre simili all’interno di una comunità senza barriere. Così gli specchi fanno da tramite tra il visibile e il non visibile estendendo la vista oltre le sue normali facoltà, espandendo le caratteristiche dell’occhio e la capacità della mente, fino ad offrirci la visione della totalità.

Mi piace pensare che quel cerchio che riflette le persone, sia anche l’immagine dell’interiorità presente in ogni uomo e donna di qualsiasi cultura. Uno spazio interiore che se lasciato emergere, ha la forza di far amare le differenze e di portare a scoprirsi più simili di quanto si possa immaginare.

Il concetto: amare le differenze, supera il senso razionale della tolleranza per il diverso e penetra direttamente nella sfera del sentimento. E come, anni fa, scriveva l’artista: “le differenze tra persone e gruppi sociali sono la prima cosa da accettare e accogliere in modo aperto, sensibile e caloroso per dare finalmente

senso alla parola umanità”.

È bello che quest’opera sia stata realizzata in uno spazio consacrato, dedito al raccoglimento e alla preghiera, perché così assume una forza rinnovata aprendo a riflessioni sulle questioni più delicate che l’uomo contemporaneo sta affrontando quali il conflitto tra le religioni, l’accettazione delle differenze, la multiculturalità.

L’emozione che mi ha dato l’opera, mi ricordato che l’invito ad amare le differenze è valido anche all’interno dei nostri ambienti ecclesiali, delle nostre parrocchie, dei nostri gruppi, tra i catechisti e gli operatori pastorali in genere.

Dall’esterno ognuno di noi ha un abito diverso che può a prima vista, creare barriera, ma se troviamo la porta giusta ed entriamo nel suo spazio interiore e lasciamo che l’altro entri nel nostro, allora impariamo ad amare le differenze ed ad accorgerci che l’altro è molto simile a noi.

Giorgio Bezze

 

 

Amanti

Passioni umane e divine

Antonio Canova, Bartolomé Esteban Murillo, Orazio Gentileschi, Artemisia Gentileschi, Leandro Bassano, Luca Giordano, Simon Vouet, Ernst Klimt e molti altri: l’amore di coppia nella Bibbia, nella mitologia, nella letteratura e nella mistica, in mostra in Friuli a Illegio fino all’8 ottobre.

Cos’è l’amore? La mostra «Amanti. Passioni umane e divine», che si può ammirare fino all’8 ottobre ad Illegio, in Carnia (UD), risveglia questa domanda. In quell’intreccio benedetto e accidentato, pieno di sospiri incantati e di malinconie struggenti che è la nostra vita, ci domandiamo da sempre cosa sia davvero l’amore, e se ne saremo raggiunti e se ne saremo degni. È la domanda che infiamma i poeti, intriga i filosofi, avvince gli artisti e riassume la divina Rivelazione. I bambini l’hanno conficcata nell’anima prima di saperle dare parole e forma. I vecchi la stringono segretamente in pugno nelle ultime loro ore, in attesa di ritrovarsi per sempre oltre l’ultima porta. Mentre accumuliamo lungo la via abbracci, errori e preghiere, sperimentiamo che saper amare è l’unica cosa che conta imparare nella vita.

I visitatori potranno meditare su tutto ciò avvicinandosi a quarantadue opere, tra cui alcuni prestigiosi capolavori, provenienti dall’Italia e dall’estero (Austria, Croazia, Svizzera, Ungheria, UK), da importanti musei pubblici e da collezioni private. Le opere, scelte in un arco temporale di sette secoli (l’opera più antica, Storie di Santa Caterina d’Alessandria del Maestro della strage degli Innocenti di Mezzarata, risale al 1320 circa; la più recente, Amanti di Gyula Benczúr, è datata 1919), ricondurranno a cinque fonti principali – la mitologia classica, la Sacra Scrittura, le vite dei santi, la letteratura cavalleresca e romantica, il teatro – e immergeranno il visitatore in una profonda meditazione sull’amore, nel suo rapporto tra materia e spirito, tra gioia e tormento, tra la vita e la morte.

Con il tocco delicato delle tavole dorate del Medioevo, o dei profili divini del Neoclassico, o con i chiaroscuri del Barocco e del Romanticismo, la mostra si propone di offrire all’uomo d’oggi una visione di grande respiro dell’amore umano, in questa nostra epoca nella quale il più evidente dei problemi antropologici è che l’uomo contemporaneo spesso non sa più amare né comprende più con nitidezza la rivelazione cristiana sull’amore autentico e sul suo destino.

Ad Illegio è possibile vedere per la prima volta in Italia opere di straordinaria bellezza, tra cui in particolare tre capolavori di primaria grandezza: una elegantissima versione di Venere e Cupido, di Artemisia Gentileschi, da collezione privata svizzera, e due spettacolari dipinti raffiguranti Maria Maddalena rapita dall’amore per Cristo, uno di Orazio Gentileschi e l’altro di Bartolmé Esteban Murillo, ambedue da collezioni private londinesi.

Percorrendo le dieci sale della mostra l’occhio del visitatore viene avvinto dalle forme delle sculture di Antonio Canova, Amore e Psiche stanti e Endimione dormiente, insieme al suo dipinto Cefalo e Procri; l’idillio dell’amore si respira ad esempio davanti ai Giovani innamorati nel giardino di Ernst Klimt, fratello del celebre Gustav, proveniente dal Belvedere di Vienna, così come al cospetto della nudità di Venere dormiente, di Luca Giordano, dal Museo Nazionale di Capodimonte. La rottura dell’idillio incantato e l’irruzione tragica della morte che separa gli amanti “prende alla gola” contemplando lo struggente commiato dei due amanti di Giovanni Pagliarini, Imelda de’ Lambertazzi e Bonifacio, che con il loro ultimo bacio suggellano un amore eterno, ma anche di fronte alla tragedia senza tempo di Romeo e Giulietta, ricordata tra l’altro da un’opera di Ferdinand II Piloty che giunge a Illegio dalla Royal Shakespeare Company di Stratford-upon-Avon, luogo natale dell’intramontabile William Shakespeare.

La finzione seducente di un amore solo sensuale sorprende lo sguardo e intriga l’anima ammirando la seicentesca Salomè di Simon Vouet o la novecentesca Salomè danzante di Ivan Tišov. Per contro, la figura appassionata e casta di Lucrezia viene riproposta da un sublime Leandro Bassano.

La prospettiva sulla redenzione dell’amore umano e sull’Amante divino, che si presenta come un corteggiatore a domandare dolcemente la mano dell’anima che intende congiungere a sé, rifulge nei preziosi ori, ad esempio nella tavola di Jacopo di Mino del Pellicciaio, Il matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria.

Ad organizzare «Amanti. Passioni umane e divine» è il Comitato di San Floriano, che dal 2004 al 2017 ha realizzato ogni anno una diversa mostra internazionale ad Illegio, oltre ad altre mostre in Italia, a Bruxelles e presso la Santa Sede. Nel piccolo paese incastonato tra i monti della Carnia, di soli 350 abitanti, sono arrivati in questi anni circa 300mila visitatori.

don Alessio Geretti

condividi su